Vado a vivere da sola

Un commento ad un articolo di Internazionale

Postato da Andrea Moi il 03 novembre 2020

Vado a vivere da sola


Un commento ad un articolo di Internazionale

Quante donne, nell’arco della loro vita, hanno dovuto rispondere o no ad una domanda come:
- “perché non ti fidanzi”
- “perché non ti sposi”
- “perché non sei come le altre?”
- “perché non ti sbrighi a finire l’Università?”
- “perché non trovi un lavoro?”
- “perché non ti fai un figlio?”
- “perché non te ne fai un altro?”
- “non ti bastava un figlio?”
E quante volte l’intera società le ha chiesto, in modo latente, ma anche in modo manifesto:
“Come fai a vivere per conto tuo? Come fai ad essere così egoista?”

honjok
Articolo contenuto in Internazionale n.1381

L’articolo “Vado a vivere da sola”, che ho appena letto sul numero 1381 (23 ottobre 2020) di Internazionale, parla della drastica scelta di vita delle giovani sudcoreane (e, in minor numero, sudcoreani) che, per evitare le critiche sociali, la misoginia, i giudizi, le catalogazioni che colpiscono una donna dal momento della nascita al momento della conclusione della sua vita lavorativa (una vita lavorativa segnata dal più alto divario salariale tra uomini e donne dell’Ocse), decidono di ritirarsi a vita solitaria e mollare tutto.
A cosa serve affrontare tutto questo per ottenere meno di un uomo?, si chiedono.
Qual’e’ il prezzo sociale di questa inutile corsa?
Sono persone solitarie che prendono il nome di “honjok” (parola formata da nahollo, che significa “per conto mio” + jok, che significa “tribù”).
Persone honjok passano il tempo principalmente da sole e costituiscono nucleo familiare a sé; mangiano e bevono da sole, viaggiano da sole, vanno al cinema da sole e fanno shopping da sole. Sono famiglie composte da una sola persona, la Corea le riconosce come tali e le organizzazioni coreane le individuano come target commerciale.

disegno di io
Disegno I+O=IO

Mi è venuto subito in mente il pensiero che, hey!, forse i nostri codici sociali e professionali sono meno duri di quelli coreani (forse), ma se non avessi letto che questo racconto fosse ambientato in Corea, avrei tranquillamente potuto credere che fosse ambientato in Italia!

Molte utenti del mio studio, molte persone che incontro, molte colleghe, molte amiche mi raccontano, oggi, nel 2020 (ma lo fanno già da tanto, non è una scoperta di oggi), di quanto sia pressante (e stressante) l’aspettativa sociale nei loro confronti. E di quanto le persone che hanno attorno chiedano loro e si aspettino, con modi più o meno rispettosi, di essere “come la società si aspetta che siano”.
Donne, madri, cattoliche o, al limite, di contro, pornostar (ma senza dirlo tanto in giro).
In tutti i casi senza idee politiche.
Tutto quello che c’e’ attorno non è pensabile e DEVE ESSERE GIUSTIFICATO.
Le hojok hanno fatto una scelta di vita.

Hanno “smesso di giocare”, per dirla con le parole di Enrico Euli, meritevole di avermi segnalato questo articolo.
Sembra che le honjok abbiano anticipato i tempi che la forte digitalizzazione e la distanza sociale obbligata di questo periodo ci sta presentando come conto da pagare.
Non voglio anticiparvi le conclusioni di questo bell’articolo e vi spingo a leggerlo per poi ragionarci insieme nei commenti di questo post.

Ma inizio a fare alcune domande al vento:
- è veramente questa la società che stiamo costruendo?
- veramente una donna (o un uomo) deve essere costretta a auto-escludersi dalla società, pur di essere e sentirsi come vuole essere e sentirsi?
- veramente non riusciamo a tenere a freno le nostre domande giudicanti sulle scelte di vita alturi? È così difficile?
- è così importante fare quella domanda in più piuttosto che godere del silenzio o di un sorriso in più, quando non si sa cosa dire?
- veramente vi dovete offendere quando, dopo una domanda impertinente, una donna poi vi manda a quel paese?
- veramente nel 2020 ci dobbiamo ancora fare portavoce di codici sociali che non ci appartengono, a cui non crediamo (e odiavamo quando eravamo più giovani) ma che non facciamo niente per sradicare dalla nostra coscienza sociale?


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Quante donne, nell’arco della loro vita, hanno dovuto rispondere o no ad una domanda come: - “perché non ti fidanzi” - “perché non ti sposi” [...continua a leggere sul blog]

Pubblicato da Andrea Moi su Mercoledì 4 novembre 2020


Andrea Moi
Dott. Andrea Moi - Consulenza e supporto psicologico
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Fonti:

Internazionale 23/29 ottobre 2020 • Numero 1381 L’eccezione della Nuova Zelanda

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