Cosa è un trigger?

Riflessioni sulle cose che diciamo
un articolo di Andrea Moi

Postato da Andrea Moi il 23.06.2022

Cosa è un trigger?


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Siamo persone portatrici di sofferenza.
Io soffro. Tu soffri. Noi soffriamo. Loro soffrono.
Il centro delle nostre sofferenze però è sempre diverso e non tutte le persone comprendono l’intensità delle sofferenze altrui. Non è una colpa. Siamo semplicemente fatti/e in modo diverso.
E’ quindi facile, nella vita di tutti i giorni, trovarsi di fronte a situazioni per la quale la nostra sensibilità sia molto “toccata” da qualcosa che già conosciamo, e ci siano altre situazioni che non ci “toccano” minimamente..
Facciamo un esempio: se io avessi di recente subito una violenza (fisica o verbale) la visione di un film particolarmente violento potrebbe essere vissuto da me con particolare tensione emotiva. potrei sentirmi particolarmente nervoso, potrei voler cambiare canale o diventare irritante o a mia volta comportarmi in modo violento. Altro esempio: se io fossi una persona che giornalmente si batte per il riconoscimento dei diritti di tutte le persone (magari dall’interno di una associazione specifica) parlare con qualcuno o assistere ad uno spettacolo che ironizza sulla parità potrebbe essere per me una possibile situazione non piacevole, una situazione dalla quale mi vorrei “chiamare fuori”.
In entrambi gli esempi potrei dire che queste situazioni “sono per me un trigger”, oppure che “mi triggerano”.

Interruttore Cosa è un trigger?

Ma cosa significa e da e da cosa deriva questa parola?
La parola “Trigger” credo abbia origine dal mondo dell’elettronica (o meglio io ne sentii parlare per la prima volta durante i miei studi superiori in Elettronica, se qualcuno/a è a conoscenza di un’altra origine sarei felice di discuterne nei commenti a questo post), è traducibile come “innesco” e, a livello generale, funziona in questo modo: un segnale elettronico invia un segnale al sistema che lo succede, solo una volta superato un certo valore di soglia (questo è uno dei trigger più conosciuti, ce ne sono anche degli altri). In parole povere è una sorta di “grilletto” che fa partire in modo automatico un segnale.
Questo termine ha diverse applicazioni, la prima che mi viene in mente è quella in campo medico, nel quale si identifica come “zona di trigger” un’area caratterizzata da ipereccitabilità e la cui stimolazione provoca come risposta un processo fisiologico (es. un dolore estremo e interno al corpo, come un dolore nervoso, “azionato” dal tocco della pelle).

Nella cosiddetta “generazione zeta” (detta anche centennial, digitarian, GenZ, iGen, Post-Millenial, Zoomer, ossia tutte le persone nate tra la fine degli anni ‘90 e i primi anni ‘10 del XXI secolo) questa parola è stata utilizzata per definire un arco di argomenti che possono urtare i/le lettori/lettrici e che possono influenzare il loro stato d’animo durante la lettura o la fruizione di un particolare contenuto fisico, visivo, multimediale, artistico o comunicativo IN MODO AUTOMATICO. Non si decide di essere urtati da una qualche situazione… lo si è e basta.
Attenzione però: non tutti gli argomenti triggeranti possono triggerare tutte le persone nello stesso modo e affidarsi a quella che è unicamente la propria sensibilità non è mai una buona strada, poiché, come detto in apertura del discorso, alcuni argomenti possono essere per me sensibili e non per altre persone con le mie stesse caratteristiche. Ad esempio io posso anche essere sopra il mio attuale peso-forma e parlarne senza alcun fastidio mentre una persona al mio fianco, magari anche più vicina al suo peso forma, può sentirsi triggerata da una discussione sul peso e sul cibo. E frasi come “eppure guarda io come sono grasso/a! e a me non da fastidio che se ne parli” non sono MAI d’aiuto.
Se qualcosa non ti fa fastidio questo non è garanzia che non rechi fastidio a qualcun’altro/a. Perché fare attenzione agli argomenti “trigger”?
Semplicemente perché, a seconda del lavoro che facciamo o delle persone che vogliamo raggiungere con i nostri contenuti e/o comunicazione, possiamo turbare, “attivare”, “innescare” sentimenti e umori spiacevoli nelle persone con le quali abbiamo a che fare. Può essere in un’occasione di una cena tra amici/amiche, può essere un (teoricamente) innocente post sui social, può essere uno spettacolo teatrale, una frase detta in ascensore, un tentativo di complimento mal riuscito o semplicemente un’occasione sprecata per non dire niente. Dobbiamo soffermarci a pensare che il desiderio non frenato di dire qualcosa “pourparler”, magari con l’intento di strappare una risata, ha la possibilità di rovinare la giornata ad una persona che aveva solo il desiderio di non pensare a quel suo argomento “trigger” ma che, inaspettatamente, si trova sbattuto in faccia in ascensore, al bar, a lavoro, a teatro.
Sono certo che qualche esempio possa aiutare nella comprensione, e per questo farò un elenco di situazioni (senza alcuna velleità di completezza, anzi chiedo a chi voglia partecipare alla conversazione di proporre dei nuovi esempi) che possano essere “triggeranti” per alcune persone. Può essere un TRIGGER:
- parlare di sigarette con una persona che sta cercando di smettere di fumare;
- parlare di stupefacenti con una persona che ha iniziato un percorso di disintossicazione;
- parlare di cibo, chiedere “sei ingrassato/a?”, “sei dimagrito/a?”, “come mai sei così grasso/a o magro/a?” ad una persona che di recente ha cambiato il suo aspetto fisico oppure non vicino al suo peso-forma;
- mettere delle immagini con alto contenuto di violenza nei social;
- parlare del diritto di avere il parcheggio sotto casa ad una persona che a causa della sua etnia non riesce nemmeno a comprarsi un auto;
- parlare del proprio stipendio a quattro zeri (o anche tre) o di quanto sia noioso e strapagato il proprio lavoro a chiunque non abbia un lavoro;
- vantarsi di avere tanti amici e tante relazioni o di non dare peso alle relazioni con una persona che soffre di fobia sociale o fa una vita molto solitaria suo malgrado;
- parlare di alimenti di origine animale per chi è vegano/a;
- parlare di argomenti sensibili per la salute;
- …
Diciamo anche una cosa generale: ci sono argomenti che, più di altri, sono triggeranti quasi in tutte le occasioni.

I trigger possono essere però anche involontari, legati alla sensorialità, neutri o comunque non prodotti volontariamente da qualcuno. Ad esempio il profumo del mirto può ricordarmi un piacevole viaggio in Sardegna oppure anche il giorno della morte di una persona cara. Sentire una canzone particolare può riportarci ad una domenica pomeriggio della nostra infanzia oppure al giorno in cui abbiamo avuto un incidente.
I trigger possono essere utilizzati anche in modo positivo? Assolutamente si. Ci sono alcuni esempi, tra cui il trigger marketing o la bellissima usanza di alcune serie TV che annunciano i cosiddetti “Trigger Warning” (TW), ossia elementi che possono urtare la sensibilità di minori, persone vittima di violenza o trauma, dipendenze, etc…

Possiamo scegliere le nostre parole?
Possiamo scegliere i nostri argomenti in base a chi abbiamo di fronte?
Possiamo utilizzare una particolare attenzione al momento che stiamo vivendo e alle persone con le quali stiamo parlando?
Decidere di stare nel momento attuale per qualcuno potrebbe essere molto mindful.
Io preferisco usare la parola “rispetto”. Più boomer. Più diretta.

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Andrea Moi​
Dott. Andrea Moi - Consulenza e supporto psicologico​

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